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La Riserva Naturale «Valli del Mincio»

Flora e avifauna


Di tutte le numerose forme di vita che popolano le Valli del Mincio, gli uccelli sono, insieme ai fiori, le presenze più suggestive ed appariscenti.

L'AVIFAUNA

Le seguenti forme di vita si possono ammirare facilmente transitando in barca o in canoa nel fitto intrico di canali ricoperti da vegetazione e fiancheggiati dal folto canneto; nei "chiari" le foglie galleggiano e i fiori s'innalzano di poco sulla superficie dell'acqua; i trampolieri camminano leggeri su questo tappeto galleggiante e tentano buffamente di eludere le macchine fotografiche nascondendosi dietro esili erbe emergenti dall'acqua. La femmina di tarabusino, il più piccolo tra gli aironi, presenta un piumaggio mimetico con striature di colore bruno scuro e crema.
E' legato alla presenza di densa vegetazione acquatica entro la quale nidifica, si nutre e tenta di nascondersi. Camminando in acqua bassa tende agguati a piccoli pesci, anfibi e insetti. Depone le uova a partire da maggio in densi canneti lungo il margine di canali e chiari. Analogamente agli altri aironi è un migratore; si può osservare solo nei mesi che intercorrono tra aprile e settembre.

Diversamente dal silenzioso tarabusino, la folaga in presenza dell'uomo corre via rumorosamente sulla superficie dell'acqua.
E' uno degli uccelli più comuni della Valle ed è facilmente riconoscibile per la livrea nera in contrasto con il bianco-rosa del becco e della estesa placca frontale; vive in zone umide, preferibilmente in specchi d'acqua aperti con fondali ricchi di flora sommersa, di cui si nutre. Nidifica da marzo a giugno e depone le uova in voluminosi nidi galleggianti costruiti sul margine del canneto o su detriti vegetali. E' anch'essa specie migratrice, ma spesso si comporta da stanziale, passando anche l'inverno nei siti di nidificazione più favorevoli.

Nella zona palustre che fronteggia l'abitato degli Angeli, da alcuni anni nidifica regolarmente una colonia di airone rosso.
Questi uccelli gregari, che fanno sempre ritorno nei mesi primaverili, ripartono tra agosto e settembre diretti a sud del Sahara.
Nei mesi estivi, soffermandosi ad adeguata distanza per non disturbarli, si può osservare il maestoso volo di questi splendidi uccelli che, abbandonando temporaneamente i loro nidi, sorvolano lenti le paludi per posarsi nelle zone ove l'acqua è più bassa alla ricerca di iccole prede per sé e per i piccoli.

L'airone cenerino, oltre alle differenze nel piumaggio, grigio e nero, con testa e collo bianchi, ha anche abitudini diverse.
Come già accennato infatti, l'airone rosso nidifica al suolo, tra le cannucce, mentre il cenerino nidifica su alberi alti, generalmente in boschi umidi o vicini a paludi e stagni.
Poiché le Valli sono quasi completamente prive di alberi e boschi, gli aironi cenerini che si possono osservare non nidificano qui, ma sorvolano la palude solo alla ricerca del cibo; molti di essi si riproducono in zone della padania lontane anche parecchie centinaia di chilometri da qui, nel Pavese o nel Milanese, mentre alcune coppie nidificano in una "garzaia" presso il Mincio in Comune di Roncoferraro.
Per proteggere la "garzaia", termine col cui si intende un nucleo di aironi in nidificazione, il Parco Naturale del Mincio ha acquistato il pioppeto ove da alcuni anni la numerosissima famiglia fa regolare ritorno. Oltre al cenerino, nidificano qui altre specie di aironi, la candida garzetta, le sgarze ciuffetto, le nitticore. Di recente sono stati contati circa 1.600 individui.
Sostando lungo l'argine del fiume, verso l'imbrunire, si notano ripetuti passaggi di madri e padri "volanti" che affannosamente corrono dal pioppeto al vicino fiume e dal fiume al nido sulla sommità dei pioppi, portando pesci o rane per i goffi e voraci piccoli che li attendono rumoreggiando sul nido.
Nelle Valli gli aironi cenerini sembrano aver trovato un ambiente ideale, tant'è che molti di loro rinunciano a migrare e vi si fermano anche durante l'inverno.

Queste non sono che alcuni tra gli uccelli delle valli più facilmente osservabili; molte altre specie altrettanto rare e belle popolano questo ambiente durante l'intero ciclo dell'anno.

LA FLORA

Fra tutti i fiori il più discutibilmente noto e apprezzato è il fior di loto.
Fu introdotto in Italia nel 1914 dai padri Saveriani di Parma che pensavano di utilizzare a scopo alimentare la fecola ottenuta dai rizomi, così come, da secoli, si usava fare in Cina.
A tale scopo, la Dr.ssa Pellegreffi dell'Università di Parma tentò la coltivazione della specie trapiantando alcuni rizomi nel Lago Superiore di Mantova nel 1921.
L'utilizzo alimentare non ebbe mai luogo ma il loto si trovò assai bene nel nuovo ambiente ove si diffuse ampliamente favorito e ulteriormente disseminato anche ad opera dei locali che ne apprezzarono sempre l'indiscutibile valore ornamentale.
La spettacolare fioritura che ha luogo in luglio-agosto-settembre ha fatto sì che questo splendido fiore sia assurto a simbolo della città di Mantova, ma occorre precisare che dal punto di vista naturalistico e ambientale l'introduzione del fior di loto fu un'operazione con molte controindicazioni. [...]

La ninfea bianca è invece specie autoctona dei laghi di Mantova.
Ha uno splendido fiore bianco carnoso e profumato che, per la sua bellezza e per essere spontaneo e tipico della Valle, dovrebbe essere considerato simbolo della città in sostituzione dell'esotico e infestante fior di loto.
La ninfea bianca vive in stagni con acque basse a lento ricambio ma generalmente limpide e con buon contenuto in ossigeno. Essa forma caratteristici aggruppamenti vegetali assieme alla ninfea gialla, detta nannufaro, alla ninfea sfrangiata e ad altre erbe sommerse e galleggianti.
Questi aggruppamenti, un tempo più estesi, stanno sempre più riducendosi a causa dell'espansione del fior di loto. Le ninfee infatti occupano gli stessi ambienti in cui potenzialmente si può insediare il loto.

Le macchie verdi galleggianti ove si vedono camminare gli aironi sono costituite generalmente dalla castagna d'acqua o trigolo.
E' una bellissima pianta galleggiante con foglie romboidali disposte a forma di rosetta.
La castagna d'acqua porta fiori piccoli, solitari e bianchi; i suoi frutti coriacei, a forma di piramide triangolare, sono commestibili e vengono consumati lessi nelle trattorie dei borghi che si affacciano alla Valle.

Morso di ranaNegli aggruppamenti a castagna d'acqua, che si sviluppano in acque basse a lento ricambio, crescono altre specie, ra cui il raro morso di rana, dai piccoli e graziosi fiori bianchi emergenti dall'acqua, la salvinia, il ceratofillo accompagnate da altre erbe meno evidenti.

A fine estate si può assistere alla bella fioritura dell'ibisco di palude.
Questa pianta cresce sul margine del canneto ove sviluppa lunghi fusti alti fino a due metri al termine dei quali porta vistosi fiori rosa del diametro di 10-12 cm.
E' una pianta autoctona e molto rara; oltre che nelle Valli del Mincio si trova nelle zone umide dei litorali friulani, veneti e toscani.

Fino a pochi anni or sono era presente in pochi esemplari nelle Valli e nel Lago Superiore una rara pianta acquatica, detta "scargia" (Stratiotes aloides); già scomparsa in quasi tutta Italia, sembra purtroppo non sia più presente neppure nei nostri laghi.
E' una pianta eretta, con foglie grasse, allungate e dentellate ai bordi, molto simile ad una piccola agave galleggiante sull'acqua. I fiori sono asessuati e portati da due piante diverse.
Don Francesco Masè, parroco di Casteldario nonché storico e botanico, narra che nel 1878, anno in cui studiò questa pianta, nel lago di Mantova vegetavano solo piante femminili e nelle Valli Ostigliesi solo piante maschili.
Chi l'avesse notata in qualche recondito angolo della Valle, è pregato di darne comunicazione agli Uffici del Parco.

I cariceti e le sone umide soggette ad immersione durante alcuni periodi dell'anno; il loro nome deriva dal carice, specie erbacea predominante nota a tutti gli abitanti del luogo come "carésa".
In queste zone il suolo torboso e soffice è alimentato dai cascami dei carici. I cariceti, a causa delle bonifiche operate dai proprietari negli anni precedenti l'istituzione del Parco del Mincio, sono ormai ridotti a poche aree ubicate lungo la sponda sinistra del fiume.
In alcuni cariceti viene praticata la raccolta del carice al termine del mese di luglio; il raccolto viene utilizzato per impagliare sedie e confezionare stuoie, cappelli di paglia ed altri prodotti artigianali. Sono ambienti ricchi di specie erbacee rare di cui alcune in via di estinzione.

Le più belle fioriture si possono osservare nei mesi primaverili ed estivi.
Le specie più comuni sono il campanellino estivo dai fiori bianchi e dalle punte verdi, che fiorisce in maggio, l'iris giallo che cresce comunemente anche nei fossi tra i coltivi; tra i più rari e preziosi vi è la genziana di palude che fiorisce nella tarda estate; i suoi fiori viola spiccano tra il fogliame giallo bruno delle carici.

All'inizio dell'estate, nelle praterie a carice si possono osservare alcune rare orchidee che in queste zone torbose trovano condizioni ottimali per lo sviluppo.

 

(Tratto da "Flora e fauna delle Valli del Mincio"
di Susanna Perlini - Parco Naturale del Mincio)

 

Vedi anche la relazione "Emergenze vegetazionali nella Riserva Valli del Mincio" di Giorgio Persico, "La vegetazione delle Valli del Mincio" di Marcello Tomaselli, Matteo Gualmini, Oliviero Spettoli, "Le azioni del progetto Life in relazione all'avifauna" di Cesare Martignoni, nella sezione Documenti.



 

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